NON SOLO Apple ha bandito dall’App Store le applicazioni che minano Bitcoin e altre criptovalute, cioè i programmi che – spesso all’insaputa dell’utente e con solo vantaggio degli sviluppatori – sfruttano la potenza di calcolo dei processori per generare profitti (che ricadono appunto sugli autori). Nell’aggiornamento delle regole che sovrintendono il suo App Store sta anche cercando di proteggere meglio gli utenti da quegli sviluppatori che “scherzano” un po’ troppo con i loro dati: che cioè puntano a raccogliere le loro informazioni, più di quante ne servirebbero per le rispettive app, e magari a rivenderle a terze parti.
Ad accorgersi dell’aggiornamento, che non è stato annunciato ufficialmente, è stata Bloomberg, che ha appunto individuato le modifiche alle condizioni. Le nuove norme dicono in modo più chiaro ed esplicito che agli sviluppatori è proibito trasformare l’elenco dei contatti degli utenti in un database che poi viene rivenduto. Così come è vietato “elaborare” quei dati, trasformando informazioni grezze in profili utente, cioè in identikit più precisi costruiti magari a partire dall’uso delle singole app. Sarà ovviamente possibile continuare a richiedere agli utenti l’accesso all’elenco dei contatti ma ai soli fini dell’uso all’interno dell’applicazione. La comunicazione dovrà inoltre essere più precisa: gli sviluppatori dovranno cioè spiegare esattamente cosa ci faranno, con quelle informazioni. Se serviranno a fini ulteriori dovranno chiedere il consenso per ciascun obiettivo.
Si tratta, com’è evidente, di un ulteriore rafforzamento dei dati degli utenti nell’ecosistema delle applicazioni di Apple – un universo che proprio quest’anno ha compiuto dieci anni e conta 500 milioni di visite a settimana – sulla scorta del caso Cambridge Analytica che ha riguardato Facebook negli scorsi mesi. Il tempismo sembra dunque indicare che, con un lavoro a monte, Cupertino stia cercando di evitare casi simili per il futuro. Ovviamente, come molti fanno notare, nulla è più possibile per quanto sia eventualmente già stato fatto fino a oggi nell’arco di dieci anni: proprio come accaduto a Facebook quando, già nel 2014, restrinse i margini di raccolta delle informazioni tramite giochini, app e quiz sul social. La frittata era già stata fatta.